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Webinar - Futuro senza cookie EP 3: Attivare le audiences con meno dati

Centro preferenze: il futuro fulcro dell’esperienza pubblicitaria

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La privacy non è l’unica questione a richiedere una regolamentazione contrattuale tra un brand e la sua audience. È arrivato il momento di prendere in considerazione una gestione più globale delle preferenze degli utenti, per trattare l’esperienza pubblicitaria come i dati di prima parte.

Sul fronte della gestione delle preferenze degli utenti, l’esperienza ci svela, nel corso della navigazione sul web, uno strano paradosso che ognuno di noi ha vissuto, o per meglio dire, subito.

Da un lato, per i visitatori le notifiche si susseguono come tanti posti di blocco da superare per accedere ai contenuti: accettazione o rifiuto delle varie categorie di cookie, delle notifiche “push” nel browser, dell’iscrizione a una newsletter e via dicendo. Bisogna essere molto motivati per accedere a un sito, a volte.

Dall’altro, un privacy centre che per il momento si limita spesso alla visualizzazione dettagliata delle diverse categorie di cookie da accettare o rifiutare, o all’iscrizione (o all’annullamento dell’iscrizione) alle newsletter proposte. In breve, questa pagina è considerata soprattutto come un punto di gestione dei parametri di riservatezza. Un po’ poco se si pensa a cosa è diventato il digitale nel 2020.

Dal privacy centre al centro preferenze

Oltre ai dispositivi, si sono moltiplicati anche e soprattutto i canali di comunicazione: SMS, app di messaggistica tipo WhatsApp, social network, e-mail, senza dimenticare la chiamata tramite call centre o l’invio postale di un catalogo cartaceo. Di conseguenza, oggi un brand non ha che l’imbarazzo della scelta per comunicare con le sue audience. Non solo: bisogna essere indovini per identificare il canale da privilegiare con un determinato soggetto, e anche molto agili per agire coerentemente con questa preferenza.

Ecco perché è veramente il momento di reinventare il privacy centre e considerarlo piuttosto un centro preferenze. Una cabina di pilotaggio in cui l’utente può al tempo stesso indicare quali dati di carattere personale l’azienda è autorizzata a raccogliere, ma anche i propri canali di comunicazione privilegiati e, per andare fino in fondo, i contenuti o i servizi che preferisce.

Fino a che punto lasciare all’utente la possibilità di indicare le proprie preferenze?

 La finalità del centro preferenze è chiara: contenere lo spam delle varie notifiche, quindi ridurre il tasso di rifiuto e il ricorso al blocco degli annunci pubblicitari, sbloccando la gestione delle preferenze. L’intenzione si capisce facilmente, ma suscita tuttavia due interrogativi molto concreti.

Primo interrogativo: quale livello di dettaglio offrire all’utente? Spetta all’utente, ad esempio, scegliere i tipi di messaggi che potrebbero giustificare un retargeting sui social network? O stabilire il limite massimo delle campagne pubblicitarie? Qui vorremmo rispondere: “Spetta al singolo brand determinare il livello di dettaglio di queste preferenze”. Tranne per il fatto che, come dimostra l’esperienza, l’adesione degli utenti sarà inevitabilmente maggiore se questo livello di dettaglio, di fatto, si standardizza.

Quale scenario per il centro preferenze?

Secondo interrogativo: dove gestire (e memorizzare) queste preferenze? Oggi, ogni tipologia di preferenza viene controllata all’interno di uno strumento specifico laddove il centro preferenze delinea un repository, una base in cui verrà memorizzato l’insieme delle preferenze degli utenti. Di nuovo, occorre determinare la natura di questo repository. Si tratta di una soluzione terza in outsourcing e multimarca? In un momento in cui il GDPR è applicato solo in parte, questa strada sembra portare dritto a un mare di complicazioni.

L’altra strada è quella della soluzione internalizzata (fornita da terzi, ma alloggiata tra le “pareti” dell’azienda), dunque monomarca. Sinceramente, per noi di Commanders Act, questa strada ci sembra più pragmatica, e per almeno 2 motivi.

Centro preferenze di Commanders Act

Perché scegliere la soluzione internalizzata e monomarca

1 – Motivo tecnico

Poiché il centro preferenze si presenta agli occhi dell’utente come un luogo unico in cui egli contrattualizza le proprie interazioni con il brand, il repository delle preferenze si presenta come una base che deve irrorare l’intero sistema informativo. Un cambiamento sostanziale: con la privacy, le informazioni restano attaccate al browser tramite i cookie; con una gestione globale delle preferenze, le informazioni devono circolare.

Customer Data Platform, CRM, soluzione di Marketing Automation, call centre… Tutti gli elementi che potrebbero interagire con prospect e clienti devono poter comunicare con il repository per procurarsi i diritti nei confronti di un utente. Un’integrazione necessariamente tecnica, inevitabilmente sensibile (visti i dati veicolati), dunque più semplice da controllare con un repository dedicato e internalizzato. Ecco perché, a questo proposito, Commanders Act ha pensato di offrire una serie di API per la sua CMP (Consent Management Platform) TrustCommander. Il nostro obiettivo è chiaro: facilitare l’integrazione con un repository di preferenze degli utenti.

2 – Motivo di sovranità

A nostro avviso, il motivo tecnico non è l’unico valido per privilegiare la strada della soluzione internalizzata e dedicata. Per andare in fondo alla sua proposizione, il centro preferenze porta a identificare e a registrare gli utenti. Questa identificazione e la conoscenza che ne deriva rappresentano un asset fondamentale del brand, dati di prima parte da custodire gelosamente.

Ecco perché il brand ha tutto l’interesse ad essere il più esplicito possibile sul “contratto” che propone tramite il centro preferenze. Lo scopo è dare all’utente una visione completa e globale dei dati raccolti e delle modalità di interazione in cambio dell’impegno da parte del brand a farne un uso rispettoso. In altre parole, un uso legittimo e coerente con il campo d’azione del brand e le esigenze delle sue audience.

Il centro preferenze non è quindi soltanto un’estensione del privacy centre. Si preannuncia invece sia come il fulcro dell’esperienza pubblicitaria sia come l’angelo custode dei nostri preziosi dati.

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