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Tracking: perché la fine dei tool “free” non deve sorprenderci

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Per le aziende e per i partner è una doccia fredda: i recenti sviluppi degli strumenti di Google (Analytics, Looker Studio, Tag Manager) significano che ciò che prima era gratuito ora è a pagamento. Una cattiva notizia? Non è detto…

 

Una situazione che ha senso solo se si fanno tre passi indietro. Questa è l’esperienza di molti analytics managers quando Google annuncia le sue soluzioni, da Google Analytics a Looker Studio a Google Tag Manager. Una telenovela che solleva diverse domande. È la fine delle soluzioni ”for free”? E come… riprendersi?

Per capire la posta in gioco, è necessaria una sintesi degli episodi:

  • Episodio #1, primavera 2022 – Google annuncia la fine di Google Universal Analytics (GA3) a favore di Google Analytics 4 (GA4) con la data di transizione al 1o luglio 2023.
  • Episodio #2, ottobre 2022 – All’evento Google Cloud Next’22 viene annunciato un rebranding: Data studio diventa Looker Studio, dal nome della società acquistata due anni prima. Viene annunciata una versione “pro”, pensata per il lavoro di gruppo su larga scala. È abbastanza logico. Nessuno però sospetta che la versione gratuita vedrà ridotto il suo campo d’azione…
  • Episodio #3, novembre 2022 – (Brutta) sorpresa. Google annuncia un “quote system” che limita il consumo di dati GA4 dalle sue API. Viene messa in atto una complessa scala di token, per ora, per giorno, per tipo di token… Una complessità che però è molto semplice da implementare in Looker Studio: anche in semplici dashboard, i widget si svuotano e un messaggio di errore ci ricorda la dura legge delle quote GA4.

Aziende con le spalle al muro (dei dati)

Per le aziende e le loro agenzie è una doccia fredda. E inizia la corsa alle alternative. Una è passare a Google 360 Analytics o scaricare i dati di GA4 in BigQuery. Due soluzioni che non sono più… gratuite. E le aziende interessate devono agire in fretta, perché le dashboard di Looker Studio sono state sottoposte alle quote API di GA4 nottetempo.

Sebbene questa evoluzione si sia manifestata in maniera molto concreta agli occhi degli utenti – dashboard che si bloccano nel bel mezzo di una riunione – fa parte di un movimento molto più ampio. A causa del suo radicamento negli stack Martech, Google vede versare molto inchiostro su ogni sua decisione. Ma, diciamocelo, Google sta seguendo lo stesso movimento di molte aziende software. Un movimento che è in corso da diversi anni e che è il risultato di due forze opposte…

Riassumiamo:

  • Da un lato, tutti sono ormai convinti che i dati siano considerati un bene essenziale per una buona gestione del marketing;
  • dall’altro, la raccolta e lo sfruttamento dei dati sono diventati molto più complessi e tecnici di un tempo.

La gestione del consenso (sulla scia del GDPR) e il passaggio alla modalità server-side (con l’annunciata fine dei cookie di terze parti) richiedono investimenti da parte degli sviluppatori. A questo proposito, va notato che mentre l’interfaccia di Google Tag Manager (GTM) è ancora gratuita, la gestione in modalità server-side richiede l’utilizzo delle risorse di Google Cloud, che non sono gratuite. Anche GTM sta migrando in pratica – e dal 2020 – verso un modello a pagamento.

La fine delle soluzioni di tracciamento gratuite (tag management, analytics, dashboard, AB/Testing, ecc.) è stata prevista già da diversi anni. Lo “shock” avvertito dalle aziende e dai partner deriva dal fatto che, di fronte ai cambiamenti tecnici e normativi, le aziende software hanno dovuto investire e monetizzare le loro piattaforme più velocemente di quanto gli utenti e i partner cambiassero le loro abitudini…

Domande dei clienti

Non sorprende che queste transizioni portino i brand a interrogarsi sui rischi legati all’utilizzo di soluzioni gratuite. In altre parole, attenersi alle soluzioni gratuite non equivale forse ad accettare un rischio ormai sproporzionato rispetto all’importanza dei dati nel marketing? Naturalmente, anche le soluzioni commerciali sono soggette a cambiamenti. Ma se sono impegnati nei confronti dei loro clienti, i loro sviluppatori di piattaforme devono anticipare, monitorare e proporre scenari di evoluzione ragionevoli.

Non è la prima volta che gli operatori di marketing si trovano a dover confrontare i vantaggi delle soluzioni gratuite e di quelle commerciali. La diffusione delle CMP (Consent Management Platforms) aveva dato origine a questo tipo di procrastinazione. Fino a quando la criticità della questione (sulla scia delle direttive del Garante della Privacy) ha portato le aziende a optare per soluzioni commerciali collaudate, con impegni in gioco.

Opportunità per i partner

Le riflessioni sono intense anche da parte dei partner. La fine delle soluzioni gratuite apre una finestra di opportunità per tutti per rivedere il proprio ecosistema ed eventualmente costruire nuove relazioni. Per questi partner – agenzie media, agenzie di comunicazione, società di data marketing – questa nuova era apre anche l’opportunità di rivalutare i propri servizi di consulenza. Infatti, è molto più probabile che un brand acquisti consulenza per garantire l’investimento in una soluzione a pagamento piuttosto che per una soluzione gratuita. Si tratta di garantire la giusta implementazione, i giusti utilizzi e, in ultima analisi, il ROI.

Il passaggio da servizi gratuiti a servizi a pagamento è più o meno gradito, ma fa parte dell’evoluzione di un ecosistema che ora si trova ad affrontare problemi più complessi. E queste vanno di pari passo con il crescente utilizzo dei dati. Nulla di fatale, solo una naturale maturazione con, alla fine, qualche sana e legittima domanda per tutti.

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