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Barometro della privacy 2021 – Impatto del consenso esplicito: una piacevole sorpresa per il mercato

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Per la sua 4a edizione, il Barometro annuale di Commanders Act si concentra sull’evoluzione del tasso di consenso prima e dopo il 31 marzo 2021, il termine stabilito dalla CNIL per mettersi in regola con le direttive relative all’utilizzo dei cookie.

Parigi, 17 giugno 2021 – Commanders Act, editore di software SaaS leader europeo nel settore Tag & Data Management, presenta la 4a edizione del suo Barometro della privacy, che misura le performance dei dispositivi di raccolta dei consensi adottati dai suoi clienti nell’ambito del GDPR. Questa edizione mette inoltre a confronto il tasso di consenso prima e dopo il 31 marzo 2021, data in cui la CNIL (autorità francese che si occupa della protezione dei dati) ha reso obbligatorio il consenso esplicito degli utenti per l’utilizzo dei cookie. Contrariamente a quanto si aspettava il mercato, questo ulteriore vincolo non ha determinato il crollo del tasso di consenso, che per i clienti che hanno compiuto lo sforzo di ottimizzare il proprio banner resta sempre molto elevato (oltre l’80%).

Per realizzare questo barometro, Commanders Act ha utilizzato i dati raccolti tra il 1° gennaio e il 28 febbraio 2021 e tra il 1° aprile e il 31 maggio 2021 da siti dotati della piattaforma di gestione del consenso (CMP) TrustCommander, per un totale di circa 2 miliardi di utenti.

Scopri il barometro!

Cosa è cambiato dopo il 31 marzo 2021

La CNIL aveva fissato la data del 31 marzo 2021 come termine ultimo per mettersi in regola con le nuove linee guida sui cookie e altri tracker. In altre parole, a partire da questa data, qualsiasi impresa presente su Internet e su dispositivo mobile può essere sottoposta a controlli più rigorosi da parte della CNIL, nonché sanzionata in caso di mancata implementazione dei dispositivi necessari per ottenere il consenso esplicito degli utenti in materia di cookie.

Prima di questa data chiave, la maggior parte dei siti si limitava a richiedere il cosiddetto consenso implicito: il proseguimento della navigazione su un sito o l’atto di far scorrere una pagina fungeva da consenso. Per contro, pochissimi siti avevano implementato un dispositivo di consenso esplicito, che prevede la presenza di due diversi pulsanti, “Accetta” e “Rifiuta”, spesso per timore di essere penalizzati e di non poter più monetizzare le proprie audience. Di conseguenza, si vedevano in fondo alle pagine molti banner che avevano più che altro il compito di informare brevemente riguardo l’utilizzo dei cookie senza interferire con il proseguimento della navigazione, invece di indurre realmente l’utente a fare una scelta.

Oggi, con l’entrata in vigore delle nuove direttive della CNIL, i brand devono predisporre dei banner che consentano di compiere una scelta esplicita. Secondo il testo ufficiale, dunque, il consenso viene considerato esplicito solo se l’utente fa clic sul pulsante “Accetta i cookie”. La mancanza di scelta equivale quindi a un rifiuto. A questo punto, i brand si sono rivolti in maniera massiccia ai banner di tipo pop-in (72%) che, essendo più invadenti e intralciando la navigazione, spingono l’utente a compiere una scelta. E proprio lì, dove tutti pensavano (e temevano) che la maggior parte degli utenti avrebbe preferito rifiutare i cookie invece di accettarli, il Barometro della privacy rivela una realtà completamente diversa.

Impatto del consenso esplicito: una piacevole sorpresa per il mercato

Sebbene tra il periodo precedente e quello successivo al 31 marzo il tasso di consenso sia calato (meno 15 punti su desktop e meno 4 punti su dispositivo mobile, in media), si osserva tuttavia una tendenza positiva in termini di raccolta del consenso. “Con l’implementazione dei banner a consenso esplicito, abbiamo constatato che la maggioranza degli utenti fa una scelta, e che in oltre l’80% dei casi si tratta di una scelta positiva. È la parte di opt-in dei cookie” sottolinea Michael Froment, CEO di Commanders Act.

Il tasso di consenso, contrariamente alla parte di opt-in, tiene conto dell’assenza di scelta, che equivale a un rifiuto. “Il tasso di consenso (55% su desktop e 71% su dispositivo mobile) corrisponde infatti all’audience di cui possiamo successivamente sfruttare i dati, poiché gli utenti avranno esplicitamente dato il loro consenso a questa finalità” precisa Michael Froment.

Oggi, la sfida per i brand è dunque incoraggiare la scelta che, nella maggior parte dei casi, si rivela positiva. “Ci rendiamo conto che i siti che hanno scarsi risultati in termini di consenso sono quelli i cui banner non sono sufficientemente ottimizzati e persuasivi, per i quali quindi gli utenti non scelgono” aggiunge Michael Froment. “Al contrario, in base ai settori di attività, un banner ben studiato e ben realizzato permette di ottenere fino all’80% di tasso di consenso“.

Quale ricetta per ottimizzare il tasso di consenso?

Se il formato di banner pop-in risulta essere il più diffuso, è in parte perché si rivela più efficace degli altri, e con il minimo sforzo. Ma è anche il più invadente, cosa che in una certa misura può essere controproducente. Il banner a piè di pagina (footer) o a inizio pagina (header) tende a indurre alla “non scelta”, in quanto disturba meno la navigazione. Ma compiendo gli sforzi necessari, lavorando alla sua ergonomia e trovando il tempo di eseguire alcuni A/B test, questo tipo di formato può rivelarsi estremamente efficace, pur essendo molto meno invadente.

Il punto è riuscire ad attirare l’attenzione sul banner, scegliendo i colori e il design giusti per renderlo sufficiente visibile e intuitivo. Non esiste una formula magica, ma ci sono alcune buone pratiche, semplici e collaudate, che consentono di aumentare notevolmente il tasso di consenso.

La risposta in gran parte positiva degli utenti al consenso esplicito è un’ottima sorpresa per il mercato: il crollo dell’opt-in che tutti si aspettavano non si è verificato! I brand devono quindi cogliere questa opportunità e darsi il tempo di elaborare e testare il proprio banner per trovare il mezzo più efficace per convincere gli utenti a fare una scelta” conclude Michael Froment.

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