Webinar - 30 marzo 11h - Data Governance Episodio 1 - I dati come asset: come integrarli e gestiri in sicurezza per aumentare la conoscenza dei clienti

Mese: Ottobre 2016

Problemi relativi alla protezione delle informazioni all’interno di un’azienda basata sui dati

La trasformazione digitale ha avuto inizio circa dieci anni fa, se non prima, a seconda della definizione a cui si preferisce fare riferimento. Tuttavia, l’argomento non è mai stato così rilevante quanto lo è oggi e molte grandi aziende non sanno ancora come riorganizzarsi per essere all’altezza di questa fondamentale sfida, imposta dall’evoluzione della società.

In questo contesto, esistono molti problemi associati ai dati. Tra questi c’è il rischio di fughe di dati, che è una delle principali preoccupazioni sotto il profilo legale ed economico.

Ecco alcune cifre interessanti in materia di sicurezza dei dati:

  • 900 milioni di dati sono stati compromessi a causa di falle nella sicurezza
  • Dall’88% al 90% degli incidenti sono involontari
  • Negli Stati Uniti, ogni quattro secondi si verifica un furto di identità (10 milioni di vittime)
  • Una email su 400 contiene informazioni riservate
  • Un file su 50 viene condiviso con le persone sbagliate
  • Un laptop su 10 viene rubato o smarrito
  • Una chiavetta USB su due contiene informazioni riservate.

Nonostante si parli spesso dei costi occulti derivanti dalle fughe di dati, un loro effetto collaterale potenzialmente molto dannoso e a lungo termine viene frequentemente ignorato: la perdita della fiducia dei clienti e degli utenti.

L’incapacità di evitare un incidente che coinvolga la sicurezza danneggia inevitabilmente la percezione del brand da parte dei consumatori. È in gioco la fedeltà al marchio stesso, che è per sua natura legata al modo in cui il brand viene percepito. Le conseguenze sui risultati d’impresa sembrano essere deliberatamente ignorate da alcune aziende, ma il problema viene preso in considerazione sempre più spesso e richiede alle imprese di intraprendere azioni preventive per assicurare la protezione dei dati. Secondo Forrester, due o tre dirigenti di altissimo livello saranno costretti a dimettersi nel corso di quest’anno a causa dei furti di dati.

Anche se tutte le aziende possono essere interessate da fughe di dati a vari livelli (LinkedIn ha subito un attacco nel 2012 e VK, l’equivalente russo di Facebook, nel corso di quest’anno), è possibile implementare una serie di misure per ridurre i rischi. Una di esse consiste nell’eliminare sistematicamente i tag obsoleti per mezzo di un TMS.

Quali dati sono interessati?

I dati sono divenuti un argomento molto popolare durante i convegni degli ultimi anni e, col passare del tempo, la differenziazione tra dati sensibili e personali si fa più sfumata. I dati personali sono costituiti dalle informazioni che riguardano una persona; sono associati a essa per mezzo di un codice cliente, indirizzo email o altri elementi di questo tipo.
Per quanto riguarda i dati sensibili, essi sono costituiti, tra l’altro, da informazioni relative all’appartenenza etnica, politica, alle opinioni filosofiche o al credo religioso, alla salute o all’orientamento sessuale di una persona. In Francia, la legge vieta la raccolta di dati sensibili, fatta eccezione a quanto necessario per l’attività del sito web, come nel caso dei siti di dating online. I dati sono divenuti una questione strategica per un gran numero di società in Francia e in tutto il mondo e uno dei principali problemi a essi collegato è la loro protezione.

Cos’è un’azienda basata sui dati?

Un’azienda basata sui dati è, letteralmente, un’azienda completamente orientata ai dati. Si tratta di avere una forte “cultura dei dati”, nella quale i dati, oltre a essere accessibili, sono il nucleo del pensiero strategico e guidano l’azione aziendale. In questo contesto, i dati sono una risorsa fondamentale per i processi decisionali e richiedono la piena e costante attenzione dell’azienda.

Un requisito minimo potrebbe essere stabilire dashboard quotidiani adeguati alle esigenze di ciascun team, con una forte focalizzazione sull’attività, aperti a tutte le altre parti interessate e contenenti le informazioni di cui essi possono avere bisogno.

Esistono alcuni settori le cui attività decisionali si basano più ampiamente e frequentemente sui dati rispetto ad altri: i siti di e-commerce, per esempio, basano le proprie strategie promozionali durante le stagioni di vendita sui dati. Ma i dati non devono essere considerati esclusivamente uno strumento per fare scelte migliori, ma essere usati anche per aggiungere valore, offrire servizi migliori e aumentare la soddisfazione dei clienti.

Per ottenere il massimo dai dati, le aziende devono smettere di raccogliere e conservare i dati nei silos: ciò può costringerle a intraprendere modifiche strutturali e organizzative, oltre a richiedere una grande collaborazione tra tutti i reparti, modificando il loro modo di lavorare.

Nell’attuale contesto, in cui i dati sono il nucleo di tutte le strategie principali, il rispetto delle norme è della massima importanza.

CNIL, privacy e protezione dei dati

L’organismo francese di tutela della privacy dei dati è la Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés (CNIL) [Commissione nazionale per l’informatica e le libertà] che ha il compito di proteggere le informazioni personali dei cittadini e di informarli dei loro diritti. Inoltre esprime pareri alle aziende che desiderano essere conformi alle nuove normative, ammonisce e sanziona le aziende e le organizzazioni che non le rispettano e prevede i futuri utilizzi dei dati e delle informazioni personali.

La CNIL afferma che nel 2015 sono stati segnalati 2800 reclami relativi alla privacy. A partire dalla sua istituzione, la Commissione è stata consultata e ha partecipato a oltre 2500 decisioni e deliberazioni. La legge 78-17 del 6 gennaio 1978 è stata modificata e comprende adesso oltre 70 articoli.
All’inizio del 2016, l’Unione Europea ha adottato un regolamento sui dati personali allo scopo di proteggere meglio i cittadini europei. Esso contiene varie misure e sanzioni che dovranno essere applicate in ogni paese dell’Unione a partire dal 2018.
Nel caso che un’azienda violi i diritti relativi ai dati raccolti, sarà passibile di un’ammenda pari al 4% del suo fatturato globale annuale.

Quali principi devono essere rispettati?

1. Scopo

Un’organizzazione ha bisogno di avere uno scopo legale per raccogliere informazioni personali e private. L’uso che intende fare di tali informazioni deve essere chiaro e legittimo.

2. Proporzione

Possono essere raccolte solo le informazioni necessarie e rilevanti rispetto a uno scopo ben definito.

3. Rilevanza

I dati raccolti devono essere rilevanti per l’attività di chi li raccoglie: un sito web che vende calzini non ha bisogno di informazioni quali sesso, età, stato civile e orientamento sessuale, che invece sono necessarie a un sito di dating online.

4. Periodo di conservazione

I dati non devono essere conservati per un periodo di tempo superiore al necessario per il loro scopo immediato. Dopo tale periodo di tempo, i dati possono essere archiviati in un diverso dispositivo/database.

5. Sicurezza e riservatezza

Negli Stati Uniti, si verificano due furti di dati al giorno. La protezione e la riservatezza dei dati sono i problemi più delicati per le aziende, che sono obbligate a garantire la segretezza e a evitare intrusioni, deterioramento e fughe di dati. Le misure di sicurezza devono essere commisurate alla natura dei dati e ai rischi potenziali.

6. Trasparenza

Le parti che raccolgono i dati devono sempre avvertire gli utenti della loro intenzione di raccogliere dati e di comunicarli a terze parti.
Gli utenti possono decidere cosa comunicare e cosa no.

7. Diritto di informazione

Gli utenti devono essere informati in ogni occasione dell’uso che si intende fare delle informazioni che comunicano. Hanno il diritto di modificarle, controllarle e approvare o rifiutare la raccolta e la comunicazione dei dati.

Minimizzare i rischi relativi alla protezione dei dati

I responsabili della protezione dei dati devono mettere in atto tutte le misure di protezione necessarie per evitare che i dati possano essere “danneggiati”, usati impropriamente o che qualunque persona esterna all’azienda possa avervi accesso. Solo il personale o terze parti espressamente autorizzate (organismi statali, polizia, ecc.) in possesso delle necessarie autorizzazioni di accesso e uso dei dati possono accedervi. I responsabili della protezione dei dati devono inoltre determinare un periodo di tempo ragionevole per la conservazione delle informazioni private; nel caso omettano di farlo, sono soggetti a una pena carceraria fino a 5 anni e a una multa fino a 300.000 euro.

La minimizzazione dei rischi relativi alla protezione dei dati comincia con l’individuazione delle potenziali fonti di fughe di dati (DLP, o Data Loss Prevention), delle falle nella sicurezza e dalla valutazione della loro importanza. Ciò comporta la mappatura di tutti i dati da proteggere.

Inoltre, i dati la cui combinazione potrebbe potenzialmente essere sensibile devono essere cifrati e conservati separatamente. Le chiavi di cifratura devono essere modificate regolarmente e conservate su server esterni con connessioni protette.

Infine, le strategie di protezione dei dati devono essere aggiornate sufficientemente spesso, perché le informazioni sono costantemente a rischio. Ogni volta che si verifica un incidente, si deve aprire un’indagine per identificare la fonte del problema e rafforzare le misure di sicurezza stabilite.

Una percentuale di rischio esiste sempre e nessun sistema è assolutamente sicuro: il fattore umano costituisce una minaccia indiretta ed è difficilmente controllabile (i dipendenti molto spesso sono responsabile di attacchi e intrusioni senza esserne consapevoli). Tuttavia, al personale devono essere fornite indicazioni e precauzioni fondamentali da adottare nel proprio lavoro quotidiano per evitare la dispersione di dati.

Chi deve essere incaricato della sicurezza all’interno dell’azienda?

Il Parlamento Europeo ha adottato un regolamento in materia di protezione dei dati personali in data 27 aprile 2016. Esso obbliga le aziende le cui attività comportano il trattamento di dati e richiedono regolarmente il tracciamento di persone a designare un responsabile della protezione dei dati (interno o meno). Il responsabile della protezione dei dati deve informare l’azienda per cui lavora delle norme e degli obblighi relativi ai dati personali, deve comunicare il rispetto delle norme al personale formandolo adeguatamente, fornire pareri in materia di analisi dell’impatto, collaborare e restare in costante contatto con la CNIL.

Le aziende francesi hanno due anni di tempo per l’applicazione delle nuove norme.

La personalizzazione, terreno di gioco privilegiato della CDP

White Paper – La personalizzazione, il terreno di gioco privilegiato della CDP

E il sacro Graal dell’operatore di marketing: personalizzare la customer journey per garantire un’esperienza cliente estremamente positiva e raggiungere gli obiettivi di acquisizione e di CLV (Customer Lifetime Value). Per riuscirci, le attivazioni possibili non mancano, dalla personalizzazione del percorso web a quella delle e-mail, passando per le campagne pubblicitarie. A

In questo White Paper:

  • La personalizzazione, la chiave dell’esperienza cliente
  • Come funziona la personalizzazione?
  • La personalizzazione, principali casi d’uso della CDP

 


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Cos’è un DMP?

La trasformazione digitale in corso impone importanti cambiamenti organizzativi alle aziende. La gestione dei silos di dati, che fino a poco tempo era la regola, viene messa in dubbio a favore di una strategia globale centrata sull’utente. In un’organizzazione centrata sull’utente, l’unificazione dei profili è indispensabile, rendendo quindi necessario anche l’impiego di un DMP.

Non a caso, la sigla DMP è sempre più usata con il passare del tempo: in una fase in cui i Big Data sono un argomento ricorrente e si affacciano molte richieste, i DMP offrono la possibilità di gestire e attivare i dati raccolti. Ancora più importante è il fatto che consentono alle aziende di costruire il patrimonio dei dati.

DMP sta per Data Management Platform; di solito si riferisce a una piattaforma fornita come SaaS utilizzata per raccogliere, centralizzare, generare e attivare i dati relativi a clienti o contatti potenziali. In poche parole, è un “super database” popolato da dati provenienti da molte fonti e che funziona in tempo reale. Il concetto di questo tipo di piattaforma è riunire tutte le basi di dati che erano gestite separatamente e unificarle in un unico database. Anche se si tratta di un termine di cui molti marketer hanno timore, in realtà tutti sognano di avere il proprio DMP.

Gli impieghi dei DMP non si limitano all’archiviazione e alla centralizzazione dei dati. La caratteristica più interessante è che permettono di attivare i dati e di usarli. Esistono numerosi diversi casi di utilizzo.

Quali dati vengono considerati?

I dati considerati dai DMP sono di molti tipi, compresi i dati della navigazione (descrizioni di prodotti, query di ricerca, carrelli abbandonati), esposizione ad annunci pubblicitari (banner visti e cliccati), informazioni offline (TV, cataloghi), dati CRM (profilo, CSP), voice of customer, dati di seconda e terza parte.
Tutte queste informazioni consentono di conoscere meglio i clienti, ma questo non è il loro unico scopo. Ogni pezzo di informazione deve permettere di eseguire un’azione e poter diventare un trigger: consigliare prodotti, proporre a chi abbandona il carrello di completare l’acquisto, ecc.

Cosa si può fare con un DMP?

Esistono molti tipi di DMP. Alcuni sono orientati alla prima o alla terza parte, altri sono pensati per gli editori o gli inserzionisti. Qualunque sia il marchio, il bisogno rimane sempre lo stesso: ottenere il massimo dai dati raccolti.

L’installazione di un DMP prevede alcune fasi. La prima, in termini di gestione dei dati, consiste nella raccolta di dati normalizzati omnichannel cross-device su tutti i siti web del cliente. La seconda fase prevede l’unificazione dei profili prima di inviare dati più completi e di migliore qualità ad altri sistemi. Una volta configurato, un DMP migliorerà notevolmente le azioni di marketing grazie a una migliore targhettizzazione, a esperienze di navigazione e offerte personalizzate, a investimenti pubblicitari più appropriati (riduzione dei costi di acquisizione grazie alla targhettizzazione ottimizzata, migliore utilizzo del retargeting) e una migliore gestione della pressione di vendita.

I DMP possono essere usati per tutte le leve, dai mailing alle visite ai negozi, nonché per offerte in tempo reale personalizzate visualizzate sul sito web del marchio. Ci sono diverse possibilità:

  • Focalizzarsi su un approccio di clienteling quando i clienti entrano in negozio.
  • Ottimizzare i costi di acquisizione online correggendo la pressione di marketing a favore dei contatti potenziali.
  • Usare le giuste attività di vendita per aumentare le conversioni.
  • Limitare la comparsa di finestre di chat e riservarle a profili specifici.
  • Passare dai test statistici ai test segmentati.
  • Impostare estensioni dell’audience sulla base di modelli discriminatori.
  • Escludere clienti da determinate operazioni commerciali.
  • Inviare messaggi di follow-up a clienti che hanno abbandonato il proprio carrello subito prima che si verificasse una conversione.
  • Visualizzare un pop-in nel momento in cui un utente intende abbandonare il sito per impedire che lo faccia.
  • Semplificare le fasi di pagamento per i clienti VIP o inviare messaggi di follow-up ai clienti che non hanno ancora effettuato nessun pagamento.

I DMP inoltre permettono di creare segmenti migliori mirando i contatti potenziali i cui profili sono simili a quelli dei propri clienti (estensione dell’audience o lookalike audience), in seguito a una campagna di successo.

I DMP sono usati anche nell’ambito delle strategie di sviluppo dell’acquisizione e della fidelizzazione dei clienti: è possibile mirare gli utenti che, in base ai dati della navigazione, sembravano particolarmente interessati a una specifica categoria di prodotti, anche se non hanno mai effettuato alcun acquisto sul sito.

Segmentazione, targhettizzazione, personalizzazione del servizio mediante comunicazioni più rilevanti

La raccolta dei dati su qualunque dispositivo e canale ti darà una visione completa e dettagliata di ogni individuo a 360°. Lo scopo dell’uso dei DMP non si limita a ottenere una migliore segmentazione, perché l’obiettivo è spingere al massimo la personalizzazione di marketing. Si tratta di unificare i profili, definire una strategia di segmentazione e fare in modo che ogni segmento riceva un messaggio rilevante.

Analizzare lo storico degli acquisti di una determinata persona non è sufficiente per determinare i suoi bisogni e i suoi desideri. Tuttavia, incrociando i dati della navigazione, le query di ricerca e le offerte a cui ha reagito, è possibile cominciare ad abbozzare un profilo completo dell’utente. Ciò permette di avere una visione più chiara dei suoi interessi e di poter prevedere i bisogni sottostanti. Inoltre consente di migliorare la rilevanza delle proprie comunicazioni e la performance delle pubblicità, essendo nel contempo molto responsivi.

Client experience, il segreto del marketer 2.0

Migliorare la conoscenza del cliente continuamente e in modo regolare è la chiave per ottimizzare la propria strategia di marketing in tempo reale. Grazie alla raccolta e all’elaborazione dei dati, è possibile approfondire la conoscenza del cliente.

Una migliore conoscenza del cliente significa una user experience migliore, purché i dati siano usati correttamente, mediante:

  • Targhettizzazione rilevante.
  • Offerte in tempo reale personalizzate in base al comportamento nel sito e ai dati.
  • Un taglio significativo delle pubblicità targhettizzate in modo inadeguato.
  • Mailing elettronici basati sulle ricerche effettuate nel sito.

In qualunque settore, gli addetti al marketing hanno come obiettivo il successo: devono inviare il messaggio giusto alla giusta audience, fare in modo che le campagne siano efficaci e fare del loro meglio per garantire che il traffico del sito si converta. Ciò richiede l’ottimizzazione delle comunicazioni, della segmentazione, della targhettizzazione e della personalizzazione dei messaggi in modo permanente.

Cos’è la gestione dei tag?

I tag servono per raccogliere e distribuire dati ai tuoi strumenti di web analytics, piattaforme di affiliazione e soluzioni di chat online; inoltre sono usati tra l’altro nell’A/B test, nelle pubblicità, nei social media e nel retargeting.

Il predominio delle tecnologie dei “tag”

Visualizzazione, retargeting, automazione di marketing e gestione della web analytics: quasi tutte le soluzioni di marketing digitale si affidano ampiamente ai tag e l’impiego di un buon TMS (Tag Management System) consente di ottimizzare la loro profittabilità.

Il numero di fornitori di soluzioni di marketing digitale è schizzato in alto negli ultimi anni: nel 2011 esistevano circa 100 editori di tali soluzioni, mentre nel 2015 erano circa 2000 (il numero esatto è sconosciuto perché non tutti i fornitori sono catalogati).

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Perché parliamo di “gestione dei tag”?

Il primo passo per comprendere la gestione dei tag è definire i tag. Un tag è uno snippet di codice JavaScript piazzato nel codice sorgente di una pagina web. Il tag “si attiva” quando la pagina viene visitata o quando un utente interagisce con eventi html (inviare un modulo, cliccare su “aggiungi al carrello” o su altri pulsanti, ecc.). Il tag permette al proprietario del sito (editore, sito di e-commerce, marchio, ecc.) di accedere a determinati servizi (ottenere informazioni, interagire con utenti mediante personalizzazione dei siti in tempo reale).

Con un TMS, i reparti marketing possono gestire autonomamente i tag, senza avere bisogno di particolari competenze tecniche. Il TMS consente di mettere tutti i tag di un sito all’interno di un unico contenitore, che viene gestito anch’esso come un tag. Accanto a tutti i vantaggi organizzativi illustrati in questo articolo, il contenitore accelera la velocità di caricamento dei siti web.

L’uso di un TMS consente anche di gestire meglio i cicli di vita dei tag, grazie alla riduzione degli errori derivanti dalla loro complessa amministrazione: è comune infatti che i tag inutilizzati vengano lasciati nel codice sorgente di un sito dopo che una campagna è terminata. Per mezzo di un TMS, i team di marketing possono essere più responsivi, più flessibili ed evitare che le loro pagine diventino più lente a causa della presenza di tag obsoleti.

Prima dello sviluppo di questi sistemi, la gestione dei tag coinvolgeva diversi partecipanti al di fuori e all’interno dell’azienda: soluzioni di marketing digitale, reparti marketing e IT.

Fino a pochi anni fa, installare un TMS era un’impresa complessa che comportava una lunga serie di procedure e specifiche, nonché l’allocazione di notevoli risorse umane ed economiche al progetto. Si trattava di un processo lungo e costoso.

Al giorno d’oggi, Commanders Act è in grado di installare e consegnare un TMS completamente operativo in una settimana, grazie all’esclusiva metodologia “Flash Setup”.

In più, se dovessi cessare la collaborazione con un partner, non ci sarebbero costi di uscita perché non sono richieste risorse IT.

Un TMS serve solo per la gestione dei tag?

I vantaggi dell’uso di un TMS non si limitano alla gestione dei tag, ma si estendono a una maggiore conoscenza della propria base di clienti. Raccogliendo informazioni comportamentali sui propri clienti, è possibile conoscerli e comprenderli meglio. Incrociando i dati ottenuti attraverso il proprio TMS con quelli presenti nel CRM, si ottengono profili dei visitatori più dettagliati. La gestione dei tag quindi è più di un semplice strumento di raccolta dati, perché consente di manipolarli per arricchire e migliorare la customer experience.

La gestione dei tag velocizza l’implementazione del marketing unificato. Si tratta di offrire un’esperienza globale armonizzata e coerente a ciascun visitatore, a prescindere dal dispositivo o dal canale che utilizza e da cui proviene. Un profilo utente univoco viene creato per ciascuno, integrando i dati raccolti su tutti i dispositivi e i canali. I tag forniscono una visione multicanale completa del comportamento dei clienti e migliorano i tassi di reddittività di tutte le soluzioni utilizzate.

La gestione dei tag è usata anche con app e siti mobile; alcune soluzioni forniscono tag per tutte le piattaforme.

Ma la gestione dei tag ha ancora una lunga strada di fronte a sé e dovrà affrontare nuove sfide negli anni a venire.

La prima sfida principale sarà raccogliere un singolo pezzo di informazione solo una volta e distribuirlo a 10 soluzioni contemporaneamente. Ciò permetterà di:

  • ottenere maggiori velocità di caricamento;
  • evitare i conflitti tra file di JavaScript;
  • garantire la riservatezza dei dati: le informazioni raccolte non saranno più visibili;
  • garantire un migliore controllo sui dati raccolti e distribuiti alle soluzioni partner e limitare le fughe di dati.

Usare i dati per fare previsioni

Entro il 2020, i Big Data comprenderanno 40 zettabyte di informazioni (1021 byte), pari a 33 volte le loro dimensioni nel 2010, mentre le ricerche sull’argomento sono aumentate di venti volte dal 2009.

Evoluzione di ricerche di “Big Data” nel mondo tra il 2009 e il 2016
Evoluzione di ricerche di “Big Data” nel mondo tra il 2009 e il 2016 – Google Trends

D’altra parte, i dati vengono raccolti da molti anni, in un’epoca in cui non si parlava ancora di Big Data. Ma raccogliere dati senza uno scopo o una strategia chiari, come è stato fatto per lungo tempo, evidentemente non è redditizio. Per fortuna, le aziende che raccolgono dati senza sapere come metterli a frutto sono un’esigua minoranza. I Big Data stanno diventando una componente sempre più importante del marketing predittivo.

La previsione, ovvero l’arte di anticipare le tendenze

L’analisi predittiva consiste nella definizione di modelli per mezzo di algoritmi che utilizzano i dati raccolti. Tali modelli hanno lo scopo di prevedere le tendenze del comportamento dei consumatori. Ciò consente di individuare i clienti che hanno una maggiore probabilità di usare i dati raccolti e quelli che devono evolversi.

La previsione fornisce la chiave del successo del marketing: inviare il messaggio giusto alla giusta audience nel momento giusto. Una vecchia regola di marketing che non è facile applicare senza avere a disposizione le informazioni giuste o senza analizzarle adeguatamente.

La capacità di offrire un suggerimento su misura nel momento esatto in cui nasce un bisogno ha un impatto notevole sulla soddisfazione del cliente e di conseguenza sul suo brand engagement e sui risultati economici dell’azienda.

La previsione, però, è possibile solo se i dati raccolti sono sufficientemente di buona qualità e variati. Per ottenere un buon modello predittivo, è necessario compiere i passi seguenti:

  • Definire il problema (o i problemi) che il modello predittivo deve risolvere.
  • Identificare le informazioni necessarie per impostare il modello.
  • Raccogliere ed elaborare i dati.
  • Costruire un modello efficace.
  • Valutare la precisione e l’efficacia del modello.
  • Usare il modello per risolvere i problemi identificati e fornire suggerimenti.
  • Migliorare continuamente il modello.

In definitiva, l’analisi predittiva consente un processo decisionale migliore, il contenimento dei rischi (per esempio l’abbandono) e la differenziazione grazie a un’esperienza ottimizzata per il cliente.

Attenzione alle esternalità e alle limitazioni dei modelli predittivi

Cathy O’Neil non si definisce una scienziata dei dati, ma piuttosto una “scettica dei dati”. Con un dottorato in matematica all’Università di Harvard, è autrice del libro “Weapons of Math Destruction”, in cui mette in guardia contro i rischi potenziali insiti nei modelli predittivi. A suo giudizio, essi comprendono molte sorgenti di errori, tra cui le seguenti:

  • Mancanza di precisione dei dati raccolti.
  • Irrilevanza dei dati usati.
  • Misura inadeguata delle esternalità.

Come può essere utilizzata l’analisi predittiva?

I casi di utilizzo sono numerosi e dissimili tra loro, a seconda del settore di applicazione. Il primo limite è costituito dalla creatività, ma le possibilità offerte dall’analisi predittiva dipendono da volume, qualità e rilevanza delle informazioni raccolte.

I dati di seconda parte possono svolgere un ruolo essenziale nell’analisi predittiva. Per un produttore automobilistico può non essere facile sapere che la famiglia di un consumatore sta crescendo, a meno che un partner specializzato in prodotti per neonati non gli fornisca questo genere di informazione. Sarà allora nell’interesse del fabbricante di auto proporre al cliente potenziale un’offerta personalizzata, adatta per la sua nuova situazione, mostrandogli pubblicità mirate o modificando la homepage del sito in base al profilo del cliente e mettere in evidenza un veicolo che potrebbe prendere in considerazione di acquistare.

L’analisi predittiva inoltre permette agli operatori di telefonia cellulare di individuare gli utenti che sistematicamente effettuano più chiamate di quelle consentite nell’ambito del loro piano telefonico, allo scopo di poterli contattare proponendo nuovi piani più adatti alle loro esigenze.

La previsione consente di proporre contenuti adattati alla particolare situazione di ciascun cliente, non solo di sforzarsi di vendere un prodotto o un servizio a una platea di utenti per la quale è emerso un bisogno evidente. In questo contesto, un’analisi predittiva ben eseguita rappresenta un notevole vantaggio competitivo per le aziende che la utilizzano. Essa sta diventando un elemento chiave all’interno dei processi decisionali.

Il marketing predittivo è solo per gli esperti?

In base a una ricerca Forrester, negli ultimi anni i modelli predittivi sono divenuti più precisi ed efficaci – anche in aziende carenti di competenze nel campo – grazie a nuovi strumenti più semplici da usare.

Diverse aziende potrebbero ritenere che l’analisi dei dati richieda l’assunzione di un Data Scientist, ma tale convinzione è fuorviante e spesso impedisce loro di concentrarsi sulla formazione delle risorse umane già presenti. Secondo Forrester, più impiegati lavorano con l’analisi predittiva, meglio è. Compresi quelli privi di conoscenze statistiche specifiche.

Comprendere meglio i clienti attraverso i dati di prima, seconda e terza parte

Al giorno d’oggi, i Big Data sono essenziali per comprendere meglio i clienti. I dati possono appartenere a varie categorie, ovvero essere di prima, seconda e terza parte. In che cosa consistono? Quali sono le principali differenze? Sono tutti necessari? A quali deve essere data priorità?

Ecco le nostre risposte a queste domande.

La principale differenza tra i tre tipi di dati è rappresentata dal livello di raccolta e dalla proprietà dei dati stessi; le tre tipologie sono complementari e, assieme, contribuiscono a ottenere profili più chiari e precisi dei clienti.

Cosa sono i dati di prima parte?

I dati di prima parte comprendono i dati raccolti direttamente dal titolare di un sito: comprendono informazioni sulla navigazione e comportamentali, nonché altri dati raccolti per mezzo di moduli, query di ricerca, ecc. I dati di prima parte comprendono anche le informazioni raccolte attraverso altre fonti quali, tra le altre, CRM, database offline, contesti. Questi dati sono anonimizzati.

Il principale obiettivo dei dati di prima parte è comprendere le intenzioni e gli interessi dei clienti. I siti di e-commerce possono fornire suggerimenti di prodotto pertinenti agli utenti e aumentare i tassi di conversione grazie a questa categoria di dati. Tuttavia, anche se i dati di prima parte sono fondamentali per ottenere profili dei clienti dettagliati, non sono abbastanza. È qui che entrano in gioco i dati di seconda e terza parte, che completano i dati di prima parte con grandi volumi di informazioni aggiuntive.

Cosa sono i dati di seconda parte?

I dati di seconda parte sono sostanzialmente dati di prima parte che appartengono a una terza parte che li condivide con te nell’ambito di un accordo di collaborazione. La misura nella quale i dati di seconda parte possono completare i propri di dati di prima parte dipende dal tipo di partner con cui si lavora. I dati di seconda parte consentono di ottenere profili utenti più completi, soprattutto in termini di interessi e altri aspetti che non sono necessariamente coperti dai dati di prima parte.

I dati di seconda parte, chiamati anche dati collaborativi, sono utili quanto quelli di prima parte e sono costituiti da grandi volumi, come i dati di terza parte.

Cosa sono i dati di terza parte?

I dati di terza parte sono composti da informazioni raccolte o vendute (o prestate, per essere più precisi) da fornitori di dati. In generale, sono considerati di qualità inferiore ai dati di prima e seconda parte, ma con alcune eccezioni: Facebook, per esempio, ha informazioni complete e continuamente affidabili sui propri utenti. Unisce i dati che raccoglie come dati di prima parte con quelli che ottiene attraverso gli inserzionisti.

L’impiego di dati di terza parte offre un’ampia gamma di possibilità, perché la visione degli interessi degli utenti che offre è molto più ampia rispetto a quella fornita dalle altre categorie di dati. Unendole, i profili degli utenti diventano più precisi.

Perché non usiamo solo i dati di prima parte?

I dati di prima parte presentano numerosi vantaggi: sono molto economici (gratuiti, nella maggior parte dei casi), facili da raccogliere, sono ritenuti gli unici dati affidabili da molti inserzionisti pubblicitari… tuttavia, non sono sufficienti a conoscere bene i propri clienti se utilizzati da soli, soprattutto in termini di acquisizione.

Non in tutti i settori è possibile raccogliere questo tipo di dati allo stesso modo: gli istituti di credito, i produttori di oggetti connessi o i siti di e-commerce hanno accesso a volumi maggiori di dati di prima parte rispetto alle aziende del settore automobilistico, ai fabbricanti di elettrodomestici o ad altre attività che non hanno un contatto diretto con i consumatori.

È probabile che le aziende che operano in tali settori facciano uso di dati di seconda parte e, nel caso non sia possibile costruire adeguate collaborazioni, c’è sempre la possibilità offerta dai dati di terza parte, che possono essere scambiati con servizi (pubblicità gratuite sui media, servizi, ecc.).

Senza dati di seconda e terza parte, è difficile personalizzare le campagne di acquisizione, fatta eccezione per Facebook e Google, che offrono di iniettare i tuoi dati in segmenti definiti in base al target. I tassi di conversione dei messaggi personalizzati sono molto più alti rispetto a quelli di comunicazioni generiche e impersonali. I costi di acquisizione possono raddoppiare se non si sfruttano dati di seconda e terza parte.

I dati di prima parte svolgono anche un ruolo cruciale sotto il profilo dell’acquisizione, perché forniscono informazioni essenziali in relazione alla conoscenza del cliente. Tali informazioni vengono elaborate per inviare messaggi pertinenti a un’audience specifica nell’ambito di una campagna di acquisizione per mezzo dell’uso di coppie statistiche: persone i cui dati evidenziano profili simili.

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